mình thật tuyệt (diario) / giorno 3, parte terza

Alessandra-la-grande-Tigre è tornata in Vietnam pochi giorni prima del mio arrivo. Ha impacchettato tutto nutrendo il desiderio d’avere, un giorno, una casa come il Castello errante di Howl, ed è sbarcata – da Roma – di nuovo qui, dove una parte importante della sua vita è cominciata. Camminando lungo la riva del lago Hồ Tây, commentiamo teneramente i baci furtivi di giovani coppie sedute su romantiche (a maggior ragione se sgarrupate) sedie a sdraio all’ombra di piccoli ombrelloni cocacola.

La parte importante della sua vita cominciata in Vietnam ha anche due ragioni che si chiamano Roberto-il-lungo-acquatico e Iris-la-piccola-Tigre. Finalmente li rivedo, Roberto altissimo e Iris con quel suo sorriso così… violento! Sorrido salutando il-lungo-acquatico perché anche qui, come mi hanno raccontato succede in Italia, l’altezza di Roberto è argomento di commento, quando non proprio di conversazione. M’è successo con l’ambasciatore (“E insomma quella volta… sono entrati così nella mia stanza, lei e questa bambina e quest’uomo… altissimo! Lo conosce? È così alto, e dire che io sono alto!”); e m’è successo con mister-Tâm (“Are you a journalist? Yes! As Roberto, Alessandra’s husband. He is so tall!”). E via racconti su questa famiglia degna d’un fumetto.

Osservando Iris continuo a sorridere: gioca allegra sul prato mentre con Ale si sovrappongono pensieri sulle ore trascorse e le cose viste, sul popolo vietnamita, la storia e la filosofia, su cosa speriamo per noi, su cosa ci auguriamo accada domani. Domani, quando “mình thật tuyệt” concluderà i suoi primi nove mesi di scritti, immagini ed e-mail.

Ed ecco un’altra piccola grande storia cui ho la fortuna di assistere. Una delle case che Roberto-il-lungo-acquatico si è incaricato di vedere mentre la-grande-Tigre si occupa di me pare sia quella giusta. Con Ale e Iris lo raggiungiamo, tolgo anch’io le scarpe per entrare e cerco di restare in silenzio e in disparte nel corso della trattativa coi proprietari. Non voglio essere di troppo, non voglio turbare anche solo con la mia presenza un momento molto intimo. Roberto sorride ancora e mi spiega che farà tante, tante domande: “C’è sempre qualcosa che viene fuori all’ultimo momento. Ti sembra d’aver chiarito tutto, e invece…”.

Così attendo sull’uscio cercando d’osservare la conversazione con la coppia vietnamita che affitta quest’appartamento molto luminoso su due piani. Un edificio pensato per gli occidentali e a un prezzo per occidentali (in dollari). L’umidità del lago si sente fin dentro le ossa, mentre Iris è davvero una piccola-Tigre saltellando e prendendo possesso di ambienti che sente già suoi.

Io e Iris abbiamo un rapporto che alterna momenti di studio e diffidenza a grandi risate. Alterniamo questi sentimenti anche a cena. Siamo “da Paolo westlake”, dove la “traduzione” del mio progetto è stata concepita e nutrita e dove di concepimenti e nutrimenti ne sanno… a pacchi. Una storia, quest’ultima, che però non mi pare il caso di raccontare. Sul biglietto da visita di questo delizioso ristorante su tre piani c’è scritto “The traditional Italian thin crust pizzas baked on our fired pizza oven”. Sono ad Hanoi soltanto da tre giorni e l’Italia mi pare lontanissima. Perciò me la godo davvero con Paolo, Luca e Giulia e il via vai di vietnamiti alcuni dei quali sono vestiti come per andare in discoteca. Io e Iris facciamo a gara a chi è più piccola e capricciosa contendendoci decine di tappi di sughero. Scorre divinamente un vino bianco italiano che bevo per la prima volta e che infine quasi affoga pane, mozzarella, pomodori e altro di così semplice, buono e ben composto che mi pare d’aver raramente mangiato tanto bene in Italia.

Di ritorno, mi fermo a osservare una decina d’uomini che guardano la tv in una casa diroccata. “No, è in costruzione”, mi spiega Fabio, “qui gli operai lavorano tutto il giorno. Vengono spesso dalle campagne e non hanno dove andare. Per risparmiare, dormono nelle case che stanno costruendo. E si attrezzano come possono”.

Continuando a camminando, con un terribile mal di piedi, mi sorprendo a pensare d’essere sulla strada di casa.

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