Gianna Greco è stata una delle prime musiciste con cui ho tessuto una relazione significativa. L’ho conosciuta nelle Shotgun Babies, la cui fondatrice – Cristina Cagnazzo – ha lavorato con me alle presentazioni dei miei racconti per due anni.
Gianna ride con tutta la faccia, apre quella bocca dai denti perfetti, ingrossa il petto e, se non hai forza sufficiente, t’uccide con la sua energia piana e strafottente. Se ne frega, Gianna, ha imparato a fregarsene di tutto e di tutti. Ha pianto, l’hanno fatta piangere, se ne frega. Lacca le unghie di rosso o di nero, prende il basso e se ne frega.
Salentina dell’85, formazione classica, laurea in scienze politiche, ha studiato musica da autodidatta e poi canto e basso a livello professionale. Compone, arrangia e suona il basso nelle Shotgun Babies, nei MUFFX e, dal 2012, nel Putan Club nelle sue varie formazioni. Tra queste, con quel mito vivente che è Lydia Lunch. Co-fondatrice dell’etichetta Ill Sun Records, ha suonato anche per Opa Cupa, Mentally Doof e Baye Fall.
«Diciotto anni fa ho cominciato a suonare la chitarra. Credevo di non essere portata per la musica. Il basso è arrivato sette anni dopo. Mi piaceva da tempo, e quando l’ho sfiorato per la prima volta ho sentito qualcosa nello stomaco: lì ho capito che era il mio strumento! Ho sempre avuto un rapporto di odio/amore con la musica in generale e con il basso in particolare. A un certo punto l’ho anche lasciato completamente. Due anni e mezzo senza suonare: mi sentivo incapace e poco portata».
Non ci credo.
«Davvero. Poi, dopo un concerto nato per caso con un musicista che adoravo e tutt’ora adoro – un vero mito per me!, ho ripreso e non mi sono più fermata. Adesso il basso è il mio modo preferito di mettermi in gioco. Con il basso tiro fuori il mio vero carattere».
Parli di François R. Cambuzat, si può dire?
«Ovvio, sì! Certo che si può dire… si DEVE dire!!!».
Ti sento parlare spesso di rabbia. Tu sei incazzata. Con chi? E perché?
«È una rabbia atavica, incrostata da anni di brutte esperienze e di altre bellissime che poi hanno lasciato l’amaro in bocca. Credo che sia più che evidente che attualmente viviamo in un’era… “invivibile”, e che per sopravvivere ci si deve inventare giorno per giorno. Bene. Io invento la mia vita, passo dopo passo, mettendoci tutto quello che posso metterci, a testa alta e senza troppi giri di parole e con tanta rabbia. In particolare con la musica riesco a tirare fuori quello che ho dentro».
Hai un rapporto molto fisico col basso. A me piace da morire. Una volta a un tuo concerto ho riso un sacco perché un amico era sconvolto dalle tue cosce. Diceva: “Le mostra troppo. Perché fa così? Che provocazione è?”. Ho tentato di spiegargli che “provocare” era l’ultima delle tue intenzioni e l’ho invitato a godersi lo spettacolo.
«Ahahah, ti prego presentami il tuo amico! Beh, prima cosa: sul palco sono esattamente come sono nella vita. Non uso pantaloni da nove anni. Gonne, vestiti… solo ed esclusivamente questo. Seconda cosa: no, non è una provocazione. Quando suono so solo di essere me nella versione più felice e soddisfatta, il “guscio” in cui mi trovo è nulla di più che un contenitore. Ogni volta che suono noto con profondo piacere che se durante i primi minuti del concerto molti uomini sono più attenti alle mie cosce che al suono del mio basso, alla fine del concerto hanno dimenticato di avere di fronte una donna».
T’ho coinvolto in iosonobellissima perché penso che tu sia femminista, come me. È vero?
«Dire d’essere femminista per me significa ammettere che c’è un problema, e non mi piace. Invece il problema esiste. Capita di doversi confrontare con gente che senza averti mai sentita suonare crede che tu non sia capace per il solo fatto che sei una donna. Questa è una doppia sfida che, non lo nascondo, mi dà il doppio del gusto. Vivo questo aspetto come un motivo per fare di più ogni volta».
Dovessi dare un consiglio alla Gianna di qualche anno fa, quella degli inizi, quale sarebbe?
«Spacca tutto!!! (ride, ndr)».
Parliamo dell’esperienza internazionale con il Putan Club: cosa ti sta insegnando?
«Forse è ancora presto per dirlo, ma posso provarci. Innanzitutto mi sta insegnando ad avere un rapporto più professionale con la musica, che da due anni è diventato il mio unico lavoro. E poi tanta sicurezza in più. Suonare ogni giorno davanti a migliaia di persone mi ha dato grande soddisfazione e tantissima grinta in più. Quello che mi ha fatto ridere è stato rendermi conto che all’estero sono abbastanza conosciuta. La gente sa chi sono, da dove vengo, quanti anni ho, quali sono i gruppi in cui suono. Che dire… nemo propheta in patria? (ride, ndr)».
Lydia? È un’artista incredibile, una storia dolorosissima. Come si lavora con lei?
«Divinamente bene. Una donna magnifica, con cui è solo un piacere e un onore poter condividere il palco… e poi è maledettamente r’n’r! Quindi l’ADORO!».
Non dai nessun segno di “sudditanza” rispetto a questi grandi nomi.
«Preferisco non dipendere da nessuno. Il mio percorso da bassista deve proseguire e spero migliorare grazie al mio sudore e basta».
Hai un sacco di progetti.
«Sì. Quest’inverno uscirà il disco delle Shotgun Babies sul quale abbiamo lavorato intensamente per mesi. Da qui, tour in Italia e in Europa per tutto il 2013 e 2014. Tra settembre e ottobre 2013 sarò in tour con il Putan Club in Spagna e Portogallo. Faremo un nuovo giro in Italia fino al Libano a partire da gennaio 2014, ad aprile 2014 saremo per un mese tra Cina, Giappone e Vietnam, a maggio ripartiremo per l’Europa dell’Est. Nel frattempo sto componendo pezzi per un mio progetto da sola. Avvertivo l’esigenza di farlo ormai da molto tempo e finalmente ci sono riuscita. Entro aprile 2014 conto di concludere la composizione, in modo da poter organizzare un bel tour per l’autunno 2014… on the road again!».
E poi?
«E poi voglio una casa tutta mia. È il momento».