Da femmina singolare di mestiere scrittora, come mi definisco, mi sono letteralmente goduta il recente saggio di Vera Gheno “femminili singolari. il femminismo è nelle parole” (effequ). Come scrive l’autrice, sociolinguista specializzata in comunicazione mediata dal computer, il libro vuole contribuire
a divulgare le informazioni corrette riguardo la questione dei femminili, in modo che chi vuole o vorrebbe usarli sia informato a dovere […]
Con metodo scientifico, nel testo Gheno sostiene la correttezza e l’opportunità di utilizzo di parole come sindaca, architetta o avvocata che, a parer mio, dovrebbero ormai essere usate senza tante storie e che invece sono ancora materia di logoranti polemiche. Gheno smonta tutti gli argomenti a sfavore dei femminili, tra i quali quello “estetico” [i femminili sarebbero “cacofonici”], da sempre il mio preferito:
Il criterio estetico è perfettamente accettabile, anzi, estremamente importante, in letteratura o in poesia. Ma nella lingua dell’uso l’estetica è molto meno rilevante dell’utilità. […]
Io non uso i femminili per dimostrare alcuna parità. Li uso perché li reputo naturali.
Per non addentrarmi a ragionare di potere, mi limito a un’ultima utile citazione:
dal momento che la lingua può anche contribuire a modificare il nostro modo di vedere le cose, l’uso dei femminili può davvero servire per rendere più normale la presenza delle donne in certi ruoli.
E così credo di aver tracciato il percorso del saggio. Ma c’è un altro aspetto importante: nell’argomentare, Gheno sceglie di dare dignità a una serie di terribili commenti sul tema che riporta da Facebook o Twitter, rispondendo nel merito con ammirevole pazienza. Cosa che già faceva [e fa quotidianamente] sui suoi profili social e oltre. Certo, Gheno è una “sociolinguista specializzata in comunicazione mediata dal computer”, è il suo lavoro, ma la sua pazienza è davvero infinita. Davvero. Sento il bisogno di ringraziarla pubblicamente.
Tornando al mio godimento [che, come si vede dalla foto, si è chiuso al parco vicino casa, mentre i maschi della mia vita si divertivano a fare altro], questo aspetto è stato per me una zona d’ombra. Quel tipo di commenti mi disgustano, ed è stato un peso doverli leggere. Ma è giusto conoscerli, è giusto. E se tutte noi prima o poi arriviamo alla consapevolezza del meccanismo per il quale gli uomini ci spiegano le cose, Gheno in questo testo è capace di deliziare pure puntando il dito [a suo modo, molto educatamente] su alcuni pregevoli esempi di minchiarimento.
Mi interesso di queste cose da almeno dieci anni, per impegno politico e per amore della mia lingua: il saggio di Gheno ne è un bel compendio, ben scritto, divulgativo, di cui consiglio la lettura. L’autrice mi perdonerà, spero, se essendo una fan di Alma Sabatini insisto con la desinenza zero e impongo [ma per me sola] scrittora.
Per chiudere, l’occasione mi è gradita per soffermarmi brevemente sulla gran quantità di feccia recentemente riversata sulla studiosa, a partire dal suo lavoro sullo schwa (leggi cos’è su Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/sceva_(Enciclopedia-dell’Italiano)/, intervista a Gheno che sintetizza la polemica e fornisce ulteriori precisazioni: https://thesubmarine.it/2020/08/03/schwa-linguaggio-inclusivo-vera-gheno/).
Ho conosciuto personalmente Gheno anni fa a Lecce, quando Conversazioni sul futuro mi chiese di presentare il suo “Guida pratica all’italiano scritto”. Non ci siamo più viste, non siamo amiche. Quella che segue è una mia opinione, personale [ogni volta devo ripetere che è ovvio, ma non si sa mai, quindi lo ridico], basata su quello che ho letto.
Il pessimo stile e il cattivo gusto con i quali è stata attaccata sono tanto odiosi perché… s’attaccano a un suo “difetto” imperdonabile nel nostro mondo tenacemente patriarcale: ce l’ha tutte. È intelligente, preparata, cortese, ironica. Non scrive mai fesserie, non cede agli insulti. È giovane, è bella, è madre. Troppo. Rompe ogni stereotipo e il suo contrario.
Non ho tempo di aspettare il tempo galantuomo. Il mio appoggio pubblico lo pubblico adesso.