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me le vado a cercare

Cosa comportasse [per me] il destino d’esser nata in un corpo che avrebbe sviluppato due seni, una certa quantità di adipe sui fianchi e un tot di uova destinate nella maggior parte dei casi a rompersi producendo un laghetto di sangue l’ho capito davvero la settimana dopo aver compiuto 14 anni. Ero in campeggio, una specie di campo-scuola o come diamine si chiamava, regalo dei miei per la fine delle medie e per insegnarmi a essere “indipendente” [dovrai rifarti il letto ogni mattina senza storie, dare una mano in tutte le attività domestiche e cavartela un po’ da sola]. Cazzate. Me la cavavo già benissimo, solo che lo facevo a modo mio e non capivo per quale ragione ci si aspettasse che fossi entusiasta dello sfaccendare, attività che trovavo d’una noia insuperabile e a cui veniva attribuita un’importanza che mi pareva ingiustificabile. La signora Lina, l’“animatrice”, m’aveva seguita in bagno perché pare avessi la faccia verde. In effetti erano tre giorni che uno strano mal di pancia non mi faceva dormire non mi faceva mangiare non mi faceva divertire in niente con le altre e coi ragazzi. Ero veramente preoccupata.

Questo è l’incipit di “me le vado a cercare”, appena uscito sulla rivista “Crocevia” (numero 22, Besa Muci editrice). È la storia delle prime mestruazioni di Carlotta, un racconto dedicato alle operaie della Fiat di Melfi che nell’ottobre 2015 protestavano perché le tute bianche venissero abolite, ottenendone in cambio delle “coulotte” (vi lascio il link a un articolo di Repubblica, di Antonello Cassano). Un racconto di rabbia e d’orgoglio, a sostegno di tutte le donne che lavorano e… della battaglia per l’abbassamento dell’iva sugli assorbenti!

Avevo auto-pubblicato la versione inglese di questo racconto anni fa, sono felice che la sua stesura nella mia lingua madre abbia trovato la sua strada. Lo devo al Concorso nazionale Lingua Madre: presentando l’antologia 2018 al festival “Conversazioni sul futuro”, ho conosciuto il direttore della rivista Daniele Comberiati.

Niente avviene per caso, ne sono certa. I vagoni di questo treno sono tutti femminili: Gabriella Morelli che ha pensato a me (e all’amica scrittrice Simona Cleopazzo) per presentare il volume, la magnifica ideatrice del concorso Daniela Finocchi, la scrittrice scoperta Claudileia Lemes Dias che mi ha dato interessanti spunti di cui discutere, tutte le donne (tra le quali altre scrittrici che amo) che hanno seguito la presentazione. Quello con Comberiati, professore di letteratura italiana all’Università di Montpellier, scrittore e critico, è stato un incontro nato da genuina curiosità e continuato con apertura e ascolto reciproci.

Sono sicura che non è un caso nemmeno che il racconto sia uscito in un volume dedicato alla “giovane letteratura albanese”. Sono legata al Paese delle Aquile da ricordi, amicizie vecchie e nuove, e soprattutto da quel “Welcome to Albània” che è stato il mio primo “esperimento” di mescolamento di generi di scrittura. Perché non ho potuto, e non posso, separare vivere e narrare.

appunti [per scrivere un romanzo]

Flash! Ah-ah! Savior of the universe!

Mmm? Ma chi cazz?

Flash! Ah-ah! He’ll save everyone of us!

Ma chi è? Che ore sono?
Ma che cazz ne so?

Dario si rigirò a fatica tra le lenzuola bagnate d’umori e sudori, la luce dello schermo l’accecò.

Flash! Ah-ah! He’s a miracle!

Antoniooooo?
Antonio chi? Lui?

Flash! Ah-ah! King of the impossible!

Rispondi Dario, uffaaaa!
Pronto? Antonio, ma che cazzo è successo? Cosa? Sì, sì, arrivo.
Dove vai?
Lo raggiungo, dice che sta in crisi.
In crisi? Mancano sei ore! Che crisi c’ha questo mo’?
Dice che sta al bar della pompa di benzina.
Alle due di notte s’è fatto prendere da una crisi alla pompa? Ma è scemo sai.

Gli abiti stirati penzolavano dal lampadario, le scarpe lucide allineate nel corridoio, l’appuntamento dal parrucchiere fissato da due settimane. Dario e Sara s’erano ben preparati per il matrimonio di Antonio e Charlotte ed erano andati a letto eccitati ed entusiasti. Il giorno dopo avrebbero ballato, mangiato pesce e brindato alla nuova vita del loro vecchio amico e della sua giovane sposa. Paese nuovo, lavoro nuovo, casa nuova, beato lui che cambiava aria, ché qui al sud parevano tutti troppo stanchi e vecchi. L’hai visto invece, il nostro Antonio, che coraggio eh? Era partito e s’era fatto da solo, e in premio era arrivato pure l’amore.

Dario s’infilò i bermuda coi fenicotteri, una canotta lacera e le infradito di plastica. Sara si stiracchiò e si strofinò gli occhi.

Richiamalo, fatti dire qualche cosa.

Dario sparì dietro la porta del bagno, Sara non riuscì a distinguere quel che sentì, tra lo stordimento del sonno e il rumore dello sciacquone. Lo vide rientrare in camera da letto coi pugni sui fianchi.

Dice che s’è scopato la Lucia.
S’è scopato la Lucia? La Lucia? Ma che dice?
La chiami per favore? Vedi di capire se questo sta dicendo cazzate.

Insomma Antonio era in crisi, a poche ore dal sì a suon di pizzica e tamburelli con quella bella simpatica bionda ragazza americana che l’aveva finalmente convinto a sistemarsi, era riuscito a infilarsi nella malinconia dell’amara troppo intelligente Lucia. Lucia la fatale, quella che tutti volevano ma che non aveva mai voluto nessuno.

Ma che cazzo fa quel cretino? E la Lucia poi, altra perla. Ma se lo voleva perché non se l’è preso l’anno scorso, invece di metterlo a secco a calci sull’aereo?

Sara se ne andò in soggiorno, accese la luce sul tavolino e sprofondò nuda nel divano, fece cenno a Dario di chiudere la porta e compose il numero di Lucia. Quella rispose al terzo tentativo. Bruno intanto aveva cominciato ad abbaiare, Dario uscì in giardino sbattendo l’alluce sul fermaporta, trattenne a stento un’imprecazione e gli lanciò il suo osso finto preferito.

Pochi minuti dopo Lucia apparve nuda sulla porta, la pelle lucida, i seni scintillanti, Dario che placava le fiamme del dito sotto il getto dell’irrigatore.

Che ti ha detto?
S’è messa a ridere.
Cioè?
Dice che non gli è venuto nemmeno dritto. Sbrigati, vai alla pompa, vai.

appunti [forse] per un romanzo, settembre 2019

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