Mese: Giugno 2020

storia di un fico

Nel parco vicino casa nostra, dove spesso vado a camminare, prosperano felici numerosi fichi. Ce ne sono alcuni che incorniciano muri a secco, altri ordinatamente in fila, altri ancora isolati, come quello alla cui ombra l’altro giorno io e Giovanni abbiamo suonato e cantato. Guarda il cielo, mamma, mi ha detto, e il cielo era a quello che s’intravedeva tra il fogliame.

Amo le forme e i colori di questi alberi: la corteccia ruvida d’un grigio indefinibile, i rami nodosi, il verde cangiante delle grandi foglie multilobate. E i frutti, naturalmente, che dalle mie parti credo siano tra quelli più rubati.

Guardare un fico [e mangiare fichi] è una delle cose che mi ricorda più intensamente mio nonno Giovanni. Nella casa al mare che gli apparteneva, un albero vecchio di alcuni decenni ha deliziato la nostra famiglia con migliaia di frutti dolcissimi. Per raccoglierli giornalmente, mio nonno ci si è arrampicato tutte le mattine di ogni estate fino ai suoi 85 anni usando sempre la stessa camicia sdrucita per evitarne la linfa appiccicosa. Dopo raccomandazioni d’ogni tipo, perché a una “certa età” si cominciavano a temere le cadute, verso gli ottant’anni cadde davvero, si arrabbiò molto contro certe… menagrame e si rassegnò a limitarsi ai rami più bassi.

Ricordo silenzi carichi di bellezza a sentirgli dire “l’albero della fica”, perché lo chiamava così: a me piaceva e le volte che ho provato a correggerlo l’ho fatto senza convinzione. Ricordo colazioni con fichi, latte macchiato e la copia de “La Gazzetta del Mezzogiorno” comprata dalla “bottega” che raggiungeva su una piccola bicicletta verde. Ricordo il fruscio della rasatura e la sua inconfondibile voce intonare assieme alla radio “con le pinne il fucile e gli occhiali”, prima di mettersi sottobraccio ombrellone e sdraio alla volta del mare.

Ricordo sempre più dettagli e in modo sempre più nitido man mano che passano gli anni, e non servono a farmi avere rimpianti o nostalgie. Mi piace invece che siano legami con sentimenti e non oggetti o cose… materiali. Un fico è un albero bellissimo, qualunque fico sia. Non importa che su “quel” fico che fu di famiglia magari adesso ci salga qualcun altro.

Robin vs Merida

Leggo con molto interesse thePeriod, la newsletter ideata e curata da Corinna De Cesare [a proposito, iscrizione consigliata: https://mailchi.mp/505bb0466c3a/theperiod). Questa settimana, nel pezzo “Le femministe che odiavano Melissa P.”, in un passaggio Melissa Panarello scrive qualcosa che mi ha dato da pensare:

da Biancaneve a The Brave è cambiato moltissimo

Intendiamoci: il mio è un pensiero che in parte devia dall’argomento del pezzo, e il passaggio “mi ha dato da pensare” nel senso che mi ha fatto mettere a fuoco una faccenda. Ma non perdiamoci in precisazioni e andiamo al sodo.

Da Biancaneve a The Brave è cambiato moltissimo, ma per chi?

Per me sì, certo, per me femmina quarantenne, che vengo da un certo contesto, da certe letture, da certi pre-giudizi e stereotipi diffusi. Per me Merida, la protagonista di “The Brave”, è un personaggio femminile che finalmente non si realizza trovando l’amore ma esprimendo se stessa, ed è per questo non dico entusiasmante ma almeno positivo. Leggendone la storia a mio figlio Giovanni, ho capito che però questo non ha nessuna importanza. Non ha nessuna importanza per lui.

Fin da quando aveva tre mesi, leggo a Giovanni tanti, tanti libri, tanti e di diverso genere. Da qualche tempo (ora ha poco meno di tre anni), ho pensato di proporgli anche storie che in qualche modo sono legate ai miei ricordi di bambina, e di affiancarle ad altre più “contemporanee”. Ho scoperto che gli piace ascoltarle, gli piacciono i disegni, e gli piace ritrovarle nei film d’animazione. Della stessa editrice e formato, gli ho proposto anche “Robin Hood” e “Ribelle. The Brave”: li vedete nell’immagine, sono Giunti, i volumi di questa serie costano meno di dieci euro (a seconda delle edizioni). Giovanni mi ha fatto notare molto presto che sia Robin Hood che Merida sono “molto bravi a usare l’arco”, ma a parte questo… a Giovanni ascoltare “Ribelle” non piace, o meglio… lo annoia.

Non voglio dilungarmi sulle tante differenze tra le due storie, né fare un’analisi puntuale delle possibili interpretazioni. Io, semplicemente, penso che abbia ragione. Merida è noiosa. Merida non fa “niente”. Robin Hood combatte un usurpatore, ruba ai ricchi per donare ai poveri, è simpatico, è scaltro. Merida si libera da un destino che pare predefinito e… non si sposa. E allora? Che cosa significa per un bambino? [E che cosa dovrebbe significare per una bambina?]

Voglio proporre a Giovanni storie di donne nelle quali non si parla di matrimoni, di necessità di emanciparsi dalle… solite cose, voglio protagoniste interessanti che fanno cose interessanti. Nelle quali potrebbe aver voglia d’identificarsi. Ve ne vengono in mente? Suggeritemele, se vi va.

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