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Artigianato e politica come trama e ordito: “Le Costantine” dal Salento a Dior, oltre la moda

Non solo stoffa: come trama e ordito, sui telai s’intrecciano artigianato e politica, tradizione e futuro, attraverso un’alleanza tra donne che si tramanda da generazioni. Nella collezione cruise 2021 di Dior presentata online al mondo da Lecce la scorsa estate, il laboratorio di tessitura artigianale della Fondazione salentina “Le Costantine” ha avuto un posto speciale: ne ho accennato in due post [ ogni sbaglio è un nuovo pinto / sputare [sempre meglio] su Hegel ], e come promesso ecco un primo approfondimento. Lo pubblico con orgoglio anche perché ho presentato parte di questo lavoro al mio esame per l’iscrizione all’elenco professionisti dell’Albo dei giornalisti: non solo è andato bene, ma mi ha anche portato nuovi interessanti contatti e spunti che, nelle prossime settimane, saranno oggetto di ulteriori post. Ma torniamo alle Costantine.

Se la direttrice creativa della moda femminile di Dior Maria Grazia Chiuri, di origini salentine per parte di padre, ha affidato alla Fondazione la produzione di molte delle stoffe utilizzate nella collezione, ne ha voluto il motto “cantando e amando” su diverse gonne e così, di fatto, l’ha rilanciata a livello internazionale, non è un caso. Vi racconto perché.

Fondazione Le Costantine, Casamassella (Uggiano La Chiesa). foto Loredana De Vitis

Immersa tra gli ulivi e la macchia mediterranea di Casamassella, frazione di Uggiano La Chiesa – poco più di 4.300 abitanti a circa sei chilometri da Otranto -, la Fondazione è nata dalla visione e dalla lungimiranza primonovecentesca delle nobildonne Carolina De Viti de Marco, sorella del noto economista Antonio, delle figlie Lucia e Giulia Starace, della cognata Harriet Lathrop Dunham (alias Etta De Viti de Marco, moglie di Antonio) e di sua figlia Lucia De Viti de Marco. Oggi è presieduta da Maria Cristina Rizzo, avvocata, già sindaca di Uggiano e da vent’anni sua instancabile sostenitrice, e si occupa di ospitalità, agricoltura biodinamica, formazione e, appunto, tessitura.

Per il laboratorio di tessitura, l’incontro con Dior ha significato aumentare la produzione fino a passare da sei artigiane part time a 24 full time, e destare l’interesse di testate italiane ed estere (per esempio www.vanityfair.it / fashionpress.it / elle.be) e, soprattutto, di altre case di moda. I tessuti studiati con Maria Grazia Chiuri ripropongono antichi disegni con combinazioni inedite di colori, e sono stati prodotti da donne tra i 35 e i 65 anni, qui formate nel tempo, su telai lignei di cui i più antichi sono della fine dell’Ottocento.

Fondazione Le Costantine, Casamassella (Uggiano La Chiesa). Telai. foto Loredana De Vitis

«Nell’immaginario collettivo, in quanto attività svolta da donne in contesti domestici, la tessitura era considerata di scarso pregio», mi ha raccontato Maria Cristina Rizzo, «Nella convinzione che l’emancipazione femminile passi dal lavoro, con creatività e una puntuale riorganizzazione siamo riuscite a produrre con crescente successo tappeti, arazzi, borse, sciarpe e molto altro utilizzando materie prime italiane di altissima qualità. Il 3 marzo la telefonata di Salvemini, che voleva passarmi Maria Grazia Chiuri».

Carlo Salvemini, sindaco di Lecce, era stato contattato dalla direttrice creativa di Dior per una vera e propria attività di scouting delle “eccellenze” territoriali: artigianato tessile, arti e musica popolare confluiti nella collezione e nell’evento-sfilata, d’un tale successo da spingerlo a proporre per l’artista la cittadinanza onoraria. «Conosco da anni la serietà, l’abnegazione e la grande qualità del lavoro della fondazione e della sua presidente, per cui è stato naturale indicare, tra le altre, questa realtà», mi ha spiegato Salvemini, «Sono felice che da quella telefonata sia nato un rapporto andato oltre l’evento di piazza Duomo (dove si è svolta la sfilata, ndr). Questi legami testimoniano le ricadute della sfilata, il valore delle produzioni tessili artigianali del Salento e le potenzialità che possono esprimere sul mercato mondiale».

In un’intervista al magazine del Financial Times “How To Spend It”, Chiuri ha spiegato (in inglese nell’originale): «Ho detto loro quanto fossi felice di poter collaborare. Era importante che la collezione rappresentasse un dialogo con questa comunità». I primi ordini sono arrivati subito dopo la visita di Chiuri al laboratorio di Casamassella. Perché questa immediata intesa? Maria Cristina Rizzo mi ha risposto: «Credo che abbia trovato la qualità tecnica che le serviva e una filosofia che condivide, condivide il nostro modo di interpretare il femminismo».

Fondazione Le Costantine, Casamassella (Uggiano La Chiesa, provincia di Lecce). Telaio. foto Loredana De Vitis

Per saperne di più su questa filosofia si può cominciare leggendo “Fili della trasmissione” (edizioni Grifo, 2018) di Elena Laurenzi, la ricercatrice dell’Università del Salento che per tre anni ha ricostruito la storia della Fondazione grazie a un progetto finanziato dalla Regione Puglia su fondi europei: «È una vicenda che ha implicazioni con la storia del Mezzogiorno, la storia economica e politica, la storia delle donne. Lo statuto riflette la visione illuminata di una genealogia di donne che nel corso del Novecento intrapresero iniziative avanguardiste sul piano sociale ed economico, incrociando idee e relazioni con i movimenti culturali e politici più interessanti del tempo: il femminismo e la filantropia politica, la pedagogia montessoriana e steineriana, l’ecologismo».

Fondazione Le Costantine, Casamassella (Uggiano La Chiesa, provincia di Lecce). Telaio. Nelle foto le fondatrici: da sinistra Lucia de Viti De Marco e Giulia Starace. foto Loredana De Vitis

Tutto cominciò con la scuola di merletto aperta a Casamassella nel 1901 da Etta e Carolina de Viti de Marco, consorziata con le “Industrie femminili italiane”, una cooperativa che fungeva da tramite per la promozione e la commercializzazione dei manufatti di oltre 400 laboratori. I prodotti di Casamassella vinsero premi alle esposizioni universali di Milano (1906) e Bruxelles (1910), vennero esibiti a Londra e in altre capitali europee, e altre scuole di merletto sorsero a New York e in Sudafrica. «In questa rete non si esportavano solo tecniche, ma un modello in cui la cittadinanza delle donne era promossa attraverso il riconoscimento del valore del loro sapere e del loro lavoro», mi ha detto Laurenzi. Una dinamica che si è ripetuta, ho suggerito. «Sì, si sono riannodati i fili della trasmissione: ancora una volta, è stata vincente un’alleanza tra donne basata sulla potenza e sulla creazione».

Lo riscrivo: “un’alleanza tra donne basata sulla potenza e sulla creazione”. Un’idea che mi guida da anni e sulla quale voglio continuare a lavorare. Appuntamento al prossimo post con un profilo di Maria Cristina Rizzo.

(ho scattato queste immagini nell’agosto 2020)

ogni sbaglio è un nuovo pinto

Ero all’incontro con la stampa nel quale Chiuri – presente il sindaco Carlo Salvemini – ha raccontato il suo “progetto”, non una semplice presentazione d’abiti, né un “evento”, piuttosto una performance che anche questa volta è “collettiva”: potremo vederla domani online (la sfilata è “chiusa” per le ovvie misure anti-Covid), alle 20.45 in diretta da Piazza Duomo (link: https://www.dior.com/it_it/moda-donna/sfilate-pret-a-porter/collezione-cruise-2021). Credo che l’incontro fosse stato organizzato per “chiarire” alcune “questioni” che in questi giorni hanno tanto… appassionato alcuni mei conterranei. Tipo: le luminarie stanno bene in piazza Duomo?, una sfilata di moda non offende Dio in piazza Duomo? E altre faccende del genere, nelle quali non mi addentro perché Chiuri e questa sfilata mi interessano per altri motivi.

Da quando è in Dior, seguo con interesse il lavoro di Chiuri, ma la moda c’entra poco. C’entra invece il gusto di rintracciare i suoi riferimenti – quali artiste cita, quali coinvolge, o approfondire le sue iniziative – un talk sul femminismo o un progetto per lo sviluppo locale, nel contesto di un lavoro che ha una ribalta mondiale e che parla di femminismo come fosse la cosa più naturale del mondo. Roba che – converrete – per un’italiana (intendo: io) non è una banalità. Dopo la famosa maglietta con la scritta “We Should All Be Feminists” che citava Chimamanda Ngozi Adichie, mi ha letteralmente conquistata lavorando con Judy Chicago.

A Lecce, per la cruise, ha coinvolto l’artista femminista Marinella Senatore, alla quale ha fornito, più che un set, un palcoscenico: viene definita a multidisciplinary artist whose practice is characterized by a strong participatory dimension and a constant dialogue between history, popular culture and social structures. E in questa dimensione di partecipazione sono entrate le luminarie dei fratelli Parisi, i tessuti realizzati dalle tessitrici della Fondazione Le Costantine e la perizia al tombolo di Marilena Sparasci, l’orchestra e il corpo di ballo de La Notte della Taranta assieme all’attuale maestro concertatore Paolo Buonvino e molto altro di cui pian piano vi racconterò. In un video firmato dal regista Edoardo Winspeare, da poche ore pubblicato sui canali social di Dior, un mega spot della città (dell’altro mega spot firmato Chiara Ferragni parlerò poi, promesso).

Nell’incontro Chiuri ha parlato di sé con grande emozione: di suo padre, sua madre e sua figlia, di una zia che – guarda caso – lavorava nel castello dei Winspeare a Depressa (una frazione di Tricase, dove il regista vive ancora), della gratitudine che prova per aver potuto imparare il mestiere a contatto con i fondatori delle aziende di moda – le sorelle Fendi e Valentino, e di quella per Dior che l’appoggia nel suo percorso, della sorpresa della stampa per il suo incarico francese, della bellezza e dei talenti dell’Italia che desidera promuovere e valorizzare. Tutte cose che, in qualche modo, troveranno sintesi nella sfilata di domani, per la quale ha ringraziato della collaborazione tante delle persone coinvolte. A cominciare dal sindaco e dal vescovo. Il sindaco. E il vescovo.

“La sua narrazione femminista sfilerà di fatto nel cuore del patriarcato. Lo ha fatto apposta?”, le ho chiesto. Ha sorriso e mi ha risposto di no. Mi ha risposto che – come io stessa avevo premesso alla domanda – essere femminista per lei è “naturale” (sintesi mia): per i suoi genitori era “solo Maria Grazia”, e il femminismo inteso nella sua dimensione internazionale farà il bene dei nostri figli.

Ogni sbaglio è un nuovo pinto, aveva citato qualche minuto prima parlando della tessitura al telaio: alle Costantine le hanno fatto notare che ogni errore è un nuovo punto da cui partire, e dal quale magari potrà venir fuori un disegno originale e inaspettato. Un’idea che mi piace condividere, assieme alla descrizione di quest’altra scena: mentre le campane di sant’Irene interrompevano l’incontro e qualcuno quasi se ne scusava (eravamo nel chiostro dei Teatini, proprio accanto alla chiesa), Chiuri alzava gli occhi al cielo e sorrideva commossa.

E ora vediamo che succede domani.

Nelle foto (mie), alcuni momenti dell’incontro con la stampa.
Il profilo IG di Maria Grazia Chiuri: https://www.instagram.com/mariagraziachiuri/

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