Categoria: libri

Robin vs Merida

Leggo con molto interesse thePeriod, la newsletter ideata e curata da Corinna De Cesare [a proposito, iscrizione consigliata: https://mailchi.mp/505bb0466c3a/theperiod). Questa settimana, nel pezzo “Le femministe che odiavano Melissa P.”, in un passaggio Melissa Panarello scrive qualcosa che mi ha dato da pensare:

da Biancaneve a The Brave è cambiato moltissimo

Intendiamoci: il mio è un pensiero che in parte devia dall’argomento del pezzo, e il passaggio “mi ha dato da pensare” nel senso che mi ha fatto mettere a fuoco una faccenda. Ma non perdiamoci in precisazioni e andiamo al sodo.

Da Biancaneve a The Brave è cambiato moltissimo, ma per chi?

Per me sì, certo, per me femmina quarantenne, che vengo da un certo contesto, da certe letture, da certi pre-giudizi e stereotipi diffusi. Per me Merida, la protagonista di “The Brave”, è un personaggio femminile che finalmente non si realizza trovando l’amore ma esprimendo se stessa, ed è per questo non dico entusiasmante ma almeno positivo. Leggendone la storia a mio figlio Giovanni, ho capito che però questo non ha nessuna importanza. Non ha nessuna importanza per lui.

Fin da quando aveva tre mesi, leggo a Giovanni tanti, tanti libri, tanti e di diverso genere. Da qualche tempo (ora ha poco meno di tre anni), ho pensato di proporgli anche storie che in qualche modo sono legate ai miei ricordi di bambina, e di affiancarle ad altre più “contemporanee”. Ho scoperto che gli piace ascoltarle, gli piacciono i disegni, e gli piace ritrovarle nei film d’animazione. Della stessa editrice e formato, gli ho proposto anche “Robin Hood” e “Ribelle. The Brave”: li vedete nell’immagine, sono Giunti, i volumi di questa serie costano meno di dieci euro (a seconda delle edizioni). Giovanni mi ha fatto notare molto presto che sia Robin Hood che Merida sono “molto bravi a usare l’arco”, ma a parte questo… a Giovanni ascoltare “Ribelle” non piace, o meglio… lo annoia.

Non voglio dilungarmi sulle tante differenze tra le due storie, né fare un’analisi puntuale delle possibili interpretazioni. Io, semplicemente, penso che abbia ragione. Merida è noiosa. Merida non fa “niente”. Robin Hood combatte un usurpatore, ruba ai ricchi per donare ai poveri, è simpatico, è scaltro. Merida si libera da un destino che pare predefinito e… non si sposa. E allora? Che cosa significa per un bambino? [E che cosa dovrebbe significare per una bambina?]

Voglio proporre a Giovanni storie di donne nelle quali non si parla di matrimoni, di necessità di emanciparsi dalle… solite cose, voglio protagoniste interessanti che fanno cose interessanti. Nelle quali potrebbe aver voglia d’identificarsi. Ve ne vengono in mente? Suggeritemele, se vi va.

chi legge non si ferma

Tre settimane fa la scrittrice Alessandra Minervini con la sua Casa di scrittura ha ri-lanciato #chileggenonsiferma:

Nell’attesa di ritornare alla normalità, noi non ci fermiamo. Un libro al giorno per combattere l’immobilità. Siete invitati tutti a partecipare, scegliendo il vostro libro e la vostra citazione e taggandoci e condividendo l’hashtag #chileggenonsiferma, vi riposteremo!

Il risultato è che da tre settimane penso costantemente a che libro ho voglia di proporre. Eccovene alcuni [continua sul mio profilo IG].

Quello fu l’anno del tifo esantematico. Cominciò come altre calamità dei poveri e subito acquisí caratteristiche di piaga divina. Nacque nei quartieri degli indigenti, per colpa dell’inverno, della denutrizione, dell’acqua sporca dei canali di scolo. Si aggiunse alla disoccupazione e si diffuse in ogni dove. Gli ospedali non erano sufficienti. I malati giravano per le strade con lo sguardo smarrito, si toglievano i pidocchi e li tiravano contro la gente sana. La piaga si diffuse, entrò in tutte le case, infettò le scuole e le fabbriche, nessuno poteva sentirsi sicuro.
Isabel Allende, La casa degli spiriti, @feltrinelli_editore
Il mio mestiere è quello di scrivere e io lo so bene e da molto tempo. Spero di non essere fraintesa: sul valore di quel che posso scrivere non so nulla. So che scrivere è il mio mestiere. Quando mi metto a scrivere mi sento straordinariamente a mio agio e mi muovo in un elemento che mi pare di conoscere straordinariamente bene: adopero degli strumenti che mi sono noti e familiari e li sento ben fermi nelle mie mani.
Natalia Ginzburg, Le piccole virtù, @einaudieditore
La ragione per cui non avevo nulla da dire non dipendeva dal volermi mostrare scortese o annoiata (non più scortese di quanto fossi d’abitudine al tempo, né più annoiata di quanto mi aspettassi nella circostanza specifica), ma dal fatto che non capivo di dover fare delle domande – in pratica una domanda qualsiasi – allo scopo di trascinare nella conversazione un soggetto maschile intimidito, di scuoterlo dal suo isolamento e di restituirgli un ruolo per così dire autorevole, quello dell’uomo di casa, insomma.
Alice Munro, Nemico, amico, amante…, @einaudieditore
“Potter Harry!” Mentre Harry si avvicinava allo sgabello, la sala fu percorsa d’un tratto da sussurri simili allo scoppiettio di tanti piccoli fuochi. “Potter, ha detto?” “Ma proprio quell’Harry Potter…?” L’ultima cosa che Harry vide prima che il cappello gli coprisse gli occhi fu la sala piena di gente che allungava il collo per guardarlo meglio. L’attimo dopo, era immerso nel buio. Rimase in attesa. “Ehm…”, gli sussurrò una vocina all’orecchio. “Difficile. Molto difficile. Vedo coraggio da vendere. E neanche un cervello da buttar via. C’è talento, oh accipicchia, sì… e un bel desiderio di mettersi alla prova. Molto interessante… Allora, dove ti metto?”
J.K. Rowling, Harry Potter e la pietra filosofale, @salani_editore
[edizione inglese @bloomsburypublishing ]
Loro vivevano nella felicità. Erano state educate, forse da genitori affettuosi, a non oltrepassare mai i limiti di quella felicità, a qualunque cosa si applicassero. Così non conoscevano veramente la gioia. Non si può scegliere tra queste forme di vita. Ognuno vive solo come sa.
Banana Yoshimoto, Kitchen, @feltrinelli_editore

il posto di dio

il posto di dio è il mio prossimo romanzo.

Ci lavoro da anni, ci lavoro ancora, ci lavoro [quasi] ogni giorno, anche se non sempre con le stesse modalità.

Ci vuole tempo, ci vuole attenzione, ci vogliono pensieri il più possibile lucidi.

Voglio chiuderlo presto, e bene. So che andrà così.

Un breve stralcio del secondo capitolo è ora pubblicato sul sito di Alessandra Minervini, una miniera di grazia e bellezza da cui periodicamente ho la fortuna di attingere in forme diverse fin dal 2012. Alessandra ha la sempre straordinaria capacità di capire nitidamente quel che mi si agita dentro, non per niente è stato importantissimo il suo contributo per la ricucitura dei pezzi di una narrazione per me a tratti molto tormentata.

Scrive Alessandra:
Loredana De Vitis conosce bene il gesto dello scrivere, sembra che ogni volta le parta dal petto, trafiggendole la pelle e sconfinando solo dopo essere stato espulso con furore sulla pagina. A me sembra lei combatta, non che scriva. Questo romanzo, ancora inedito dopo le prime prove pubblicate con felice esito, ha un furore diverso dagli altri. Contiene una buona dose di tenerezza, dentro la ferocia di una storia nostra, del sud, delle donne, degli uomini, delle croci e delle delizie quotidiane. Questo è un breve stralcio del suo “il posto di dio” che troverà sicuramente un posto nelle librerie.

il posto di dio, stralcio del capitolo 2 – “profumo di casa”

Marta indovinò in pochi istanti ciò che l’aspettava per cena. Tegamino di uovo e piselli, patate al forno al rosmarino, bietoline lesse e pane abbrustolito, arance zuccherate e budino alla vaniglia. Marta amava i profumi e il calore della sua vecchia casa, non l’unica che aveva avuto ma l’unica che poteva ricordare. Zia Roberta era riuscita a farle sembrare normale la loro micro anomala famiglia avendola sempre nutrita d’affetto e cure, cibo delizioso, giocattoli quanto basta e senso del provvisorio a profusione.

Leggi lo stralcio integrale sul sito di Alessandra Minervini > http://www.alessandraminervini.info/il-posto-di-dio-di-loredana-de-vitis-dopolavoro-letterario-n-39/

mescolare cose fragili

“Ti è piaciuto? si può dire dei libri? o si dovrebbe chiedere… cosa te ne pare?”.

L’esordio della collana ‘taccuini e altre cose’ di Collettiva edizioni indipendenti è un libro di mescolanze. Di cose di persone di ricordi di speranze di pensiero e di materia. Di forza e di fragilità che sono in un’unica entità.

Cristina Carlà, il colore delle cose fragili, Collettiva edizioni indipendenti

forse non è tutto solo ordine e bellezza

Capita di camminare in campagna e a un certo punto pensare che non è tutto solo ordine e bellezza, che qualcosa di cupo e sinistro è nell’aria e cerca di entrarti nelle ossa. Mi è successo più d’una volta, ho mangiato pane e bevuto acqua e respirato odore di foglie e terra bagnata riconciliandomi con la certezza che la natura rimette tutto in equilibrio.

“La ianara” di Licia Giaquinto m’ha invece instillato il dubbio che al male a volte non c’è rimedio, e che anzi riesce a trascinare con sé anche molte cose belle e buone. Una storia densa di dicerie superstizioni e morte, di misteri e pozioni, di personaggi perduti e luoghi oscuri, raccontata con una bella e accurata lingua avvolta in spirali. Licia, spero che quell’aquila abbia fatto quel che doveva fare.

La ianara, di Licia Giaquinto, Adelphi editore

150+1

Simona Cleopazzo sa di cosa parla e sa come parlarne.

Nell’assenza nella presenza della vicinanza della lontananza.

Di quanto si possa vivere + pensare.

Della scrittura che non è cura.

Così si parla netto diretto negli alti nei bassi nei rivoli nei risvolti.

La scrittura – ha ragione lei – è il fulcro di tutto. Ma io le devo soprattutto d’aver sputato su di lui come aveva fatto su Hegel.

Simona Clepazzo, 150+1 appunti sull’amore e sulla scrittura, Collettiva edizioni indipendenti

la storia delle storie d’amore… over

Overlove di Alessandra Minervini è la storia delle storie d’amore… over, del ‘troppo’ che parte da quel che c’è fuori – in cui si incappa, in cui si inciampa, e che inevitabilmente risuona nel ‘troppo’ in cui a volte si nasce – una famiglia, un luogo, una condizione.

E di eccesso in eccesso accade anche di rimettere tutto in ordine. L’interessante è a volte stabilire se quell’ordine sta dentro o fuori della storia, nei personaggi o in chi li ha seguiti nella lettura.

Overlove, di Alessandra Minervini, Liberaria editrice

a proposito di “Fuori non c’è nessuno”

“Fuori non c’è nessuno”, il romanzo di Claudia Bruno (effequ, 2016), è una “ninna nanna di periferia”? Così lo definisce il sottotitolo, io non saprei dirlo. Forse perché non mi piacciono le ninne nanne, forse perché associo le ninne nanne a sequenze di suoni tristi o almeno malinconici e a me la malinconia non piace non la sopporto, forse perché conosco Claudia non tanto ma abbastanza per non riuscire a distinguere ciò che leggo da ciò che penso di capire, fatto sta che non saprei definirlo una ninna nanna né una ninna nanna di periferia. Perché questa definizione gli darebbe in fondo un certo senso di tenerezza o, appunto, almeno di malinconia, e la capacità di “confinare” l’intreccio narrato in un posto, appunto, periferico.

Invece io dico che questo è un romanzo sul nulla… cosmico, sul nulla che è ovunque, sul nulla in cui si nasce si cresce si muore, sul nulla in cui si impara a vivere senza attaccarsi a niente e nessuno e senza esser-ci. Il nulla delle cose che s’accumulano e di quelle che non ci sono, il nulla di luoghi brutti in cui per forza di cose impari a muoverti e a volte scegli di smettere di farlo, il nulla che alla fine ti isola nel nocciolo di un’esistenza dalla quale non riesci a uscire per venire in contatto – in vero contatto – con qualcuno che non sei tu. Anche se le vite [e i corpi] di Greta e Michela [le (apparenti) protagoniste principali] appaiono intrecciate saldamente, restano singole come singole sono tutte quelle dei personaggi/non-personaggi che nella storia s’aggirano come s’aggirerebbero in uno spazio… vuoto. Il nulla, appunto.

Piana Tirrenica è un posto inventato? Il Sud che vi si paragona è un posto migliore? Qual è la periferia? Io non so dirlo, io non so dire – Claudia – se quello che ho letto è diverso da quello che sento tanto spesso aggirandomi per il Sud dove vivo. Pieno di nulla, in cui è necessario cercare e costruire il bello con ogni energia possibile per non soccombere a quello stesso nulla che devi definire per avere qualcosa cui aggrapparti, il nulla che tu così lievemente drammaticamente racconti. Un nulla (anche) generazionale: ho rivisto, rivissuto, sentito suoni sapori odori oggetti persone di un’adolescenza in fondo molesta, uscite dalla quale non abbiamo potuto trovare sufficienti occasioni di bellezza, di opportunità, di luce, di futuro.

Un romanzo che scorre velocissimo, che devi rileggere per non lasciare che ti trascini nel nulla, scritto quindi perfettamente per farti mimeticamente piombare nel disperato vuoto che ci circonda. Fuori non c’è nessuno. E neanche dentro si sta troppo bene.

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